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La posizione italiana sulla riforma dell’Eurozona e la deriva no-euro di Di Maio e Salvini

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Dopo la Commissione Juncker anche il governo italiano, primo tra i Paesi UE, ha presentato le proprie proposte sul completamento dell’Unione Economica e Monetaria (UEM). Appoggia il pacchetto di Juncker, ma va oltre, con proposte più avanzate, che tengono conto degli interessi specifici italiani. Contrasta diverse idee ventilate da alcuni – come quella di affidarsi ai mercati per obbligare gli Stati alla disciplina fiscale, o di prevedere meccanismi per i default pubblici - comunque non fatte proprie dalla Commissione. Chiede poi una più efficace applicazione delle regole esistenti anche contro gli squilibri della bilancia commerciale, come l’eccessivo surplus tedesco.

Una presa di posizione tempestiva che mette il peso dell’Italia dietro le proposte di Juncker per favorirne una rapida adozione, contrastando rinvii o annacquamenti. Ma offre una prospettiva più ampia, coerente con alcune proposte di Macron sul rafforzamento dell’Eurozona, riprese da precedenti documenti italiani e spagnoli. L’Italia vuole usare le proposte di Juncker come trampolino di lancio per quelle ancora più ambiziose condivise con Macron.

L’Italia chiede di aumentare il bilancio dell’Unione, attraverso vere risorse proprie, ovvero una capacità fiscale europea, fondata ad esempio su tasse collegate alle politiche europee, come tasse sulle emissioni di anidride carbonica (carbon tax), sull’energia, sui profitti digitali. Un bilancio maggiore volto a finanziare una serie di beni pubblici europei tra cui: il co-finanziamento e la co-gestione delle frontiere esterne e la politica migratoria; una politica europea della sicurezza interna ed esterna, e quindi della difesa; un ampliamento e una stabilizzazione del Piano Juncker, ovvero la creazione di una significative e strutturale capacità di investimenti a livello europeo; un bilancio specifico dell’Eurozona, nel quadro di quello dell’UE, per finanziare la creazione di stabilizzatori automatici europei per l’Eurozona, come un’indennità di disoccupazione europea, un fondo per l’infanzia, un fondo per garantire il mantenimento dei livelli di investimenti nei Paesi colpiti dalle crisi.

In questo quadro il Meccanismo Europeo di Stabilità dovrebbe evolvere progressivamente verso un vero Tesoro europeo, e intanto divenire subito la garanzia dell’Unione Bancaria, sia per il Fondo di risoluzione, che per l’assicurazione europea dei depositi. L’Italia chiede di rendere strutturale la flessibilità riguardo ai fondi nazionali per investimenti considerati strategici a livello europeo e co-finanziati dall’UE. E propone in prospettiva la creazione di titoli pubblici europei. Il tutto sotto il controllo di un Ministro europeo delle Finanze, che faccia parte della Commissione, presieda l’Eurogruppo, garantisca la rappresentanza esterna dell’Euro e che sia responsabile di fronte al Parlamento Europeo. Riconosce che tutto ciò implica una vera condivisione di sovranità in materia fiscale e ponga all’ordine del giorno il tema dell’Unione politica.

Si tratta di temi cruciali per il futuro dell’Italia e dell’Europa. Di quelli su cui è auspicabile, anzi necessaria, una convergenza bipartisan. Specialmente considerato che Francia e Germania presenteranno una proposta congiunta a marzo e che decisioni fondamentali potrebbero essere prese nel Consiglio europeo di giugno 2018. Sarebbe importante che tutte le forze politiche italiane si impegnassero a mantenere e sostenere questa linea anche dopo le elezioni. È l’unico modo per consolidare l’alleanza con il Parlamento e la Commissione, la Francia e la Spagna – che con l’Italia sono in questo momento gli attori che spingono maggiormente per la riforma dell’UEM – e per contare qualcosa nel dibattito che da qui a giugno definirà le decisioni europee.

Invece ecco che i candidati premier del M5S e della Lega, Di Maio e Salvini, ripropongono idee fantasiose sull’Euro. Di Maio sostiene che se gli altri Paesi dell’UE non accetteranno le proposte grilline di riforma dell’eurozona bisognerà fare un referendum per l’uscita dall’Euro (solo che la Costituzione vieta i referendum sui Trattati internazionali!) e il M5S voterebbe per l’uscita. Peccato che nessuno conosca le proposte di riforma grilline sull’UEM, perché non sono mai state chiarite. E Di Maio sembra ignorare che è quasi impossibile trovare un accordo unanime degli altri 26 Paesi! Insomma, le aperture europeiste delle ultime interviste erano un bluff. I grillini stanno in gruppo con Farage nel Parlamento europeo perché hanno le stesse idee: nazionaliste e contrarie all’integrazione europea. Salvini si scaglia contro il referendum proposto da Di Maio, sostenendo sull'euro di voler “rientrare con nuove regole”. Ma per “rientrare” bisogna prima uscire. D’altronde Salvini sta in gruppo con Le Pen che voleva l'uscita della Francia dall'UE, e la Lega ha partecipato alla riunione a Praga la settimana scorsa tra i partiti europei di estrema destra contrari all'Euro e all'UE, che auspicano di distruggere.

Se volessero davvero riformare l’Eurozona dovrebbero sostenere il documento del governo, dando ai partner europei un messaggio forte e chiaro: l’Italia ha ben presenti i propri interessi e ha una linea  condivisa sulle riforme da fare, che non verrà modificata dalle prossime elezioni. Sarebbe la risposta migliore all'invito formulato ieri dal Capo dello Stato con il suo richiamo a mettere davanti l’interesse generale e a fare proposte credibile, invece di proclami campati in aria. Era dovere del Presidente Mattarella di provarci, ma con Di Maio e Salvini ci sono poche speranze. D'altronde danno sfoggio di ignorare la Costituzione: uno rispetto al referendum sull'euro, l'altro sul mandato imperativo per i parlamentari.

Di Maio e Salvini vogliono venderci favole. Cercano di rassicurare che prima di uscire dall'euro proveranno a riformarlo: ma non hanno nessun alleato in Europa per farlo e non hanno formulato alcuna proposta credibile al riguardo (mentre le proposte della Commissione indicano  in quale direzione sia possibile procedere). La loro vera linea politica è l’uscita dall’Euro. Vorrebbero che ci dimenticassimo del fatto che quando si è solo temuto che la Grecia uscisse dall’Euro è crollato il suo sistema bancario, lo spread è volato alle stelle, i cittadini non potevano ritirare i propri soldi dalle banche. Quelle immagini dovrebbero essere ancora ben impresse nella nostra memoria. È sempre molto pericoloso affidarsi agli apprendisti stregoni.

@RobertoCastaldi

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