Da giorni i media ci hanno martellato con l’irresistibile ondata nazionalista, pronta ad abbattersi anche sulla Svezia. Il modello mondiale di welfare state, bastione social-democratico, sembrava sul punto di dare la maggioranza relativa ad un partito di estrema destra, xenofobo e anti-UE. D’altronde in passato spesso i sondaggi hanno sottovalutato il consenso dei partiti nazionalisti. In Svezia invece l’hanno sopravvalutato. Le elezioni offrono un quadro poco mutato rispetto al 2014. Il partito di estrema destra xenofobo e anti-UE passa da circa il 13% al 18%, ben lontano dal temuto 25%. Il “tracollo” dei social-democratici al governo è in realtà un calo del 2,6%, che li mantiene il primo partito con oltre il 28%. Perde di più (circa il 3,5%) il Partito moderato di centro-destra, che rimane il secondo partito con circa il 20%. Si rafforzano la sinistra e il partito di centro, sono stabili i liberali, e perdono i verdi e i democristiani. Oltre l’80% degli elettori continua a sostenere i partiti tradizionali. Le possibili coalizioni di centro-sinistra e di centro-destra hanno poco più del 40% dei voti ciascuna e nessuno è disponibile a collaborare con l’estrema destra cui guardano Salvini e Bannon. È possibile che si formi un governo di minoranza, soluzione non nuova nella storia svedese.

La Svezia è un modello di welfare e l’economia va abbastanza bene, con un tasso di crescita calante, ma sopra il 2% (un miraggio per l’Italia) e la disoccupazione sotto il 7% (dati OCSE). Certo, il tema immigrazione è centrale nel dibattito del Paese UE che ha accolto il maggior numero di profughi in proporzione alla popolazione, oltre 10 volte più dell’Italia – dove il tema migranti è cavalcato dalla Lega, ma in termini reali non è così rilevante, visti i dati reali sugli afflussi. C’è quindi un elemento di dibattito reale che ha favorito il rafforzamento dell’estrema destra, ma che comunque non le ha permesso di avere la prospettiva di andare al governo.

In Italia il tema immigrazione domina a sproposito, anche se non è un’emergenza reale. Perché dunque la Lega vola nei sondaggi (ma alle elezioni ha preso poco più del 17% e in democrazia contano i voti non i sondaggi) e in Svezia di fronte a un fenomeno molto più consistente e difficile da gestire l’estrema destra non sfonda? Forse perché in Svezia c’è una politica dell’accoglienza e un sistema di welfare efficace. Così chi arriva si integra più facilmente, e al contempo tutti i cittadini sentono che l’accoglienza dei rifugiati non va a scapito della loro protezione e sicurezza, che rimane una priorità assoluta per lo Stato (sociale) svedese.

La Svezia offre quindi un insegnamento utile per tutta l’Unione e per i suoi Paesi. I nazionalisti possono essere sconfitti, a patto di mettere in campo politiche efficaci nella gestione dei flussi migratori e nell’accoglienza, e sul piano sociale, della protezione e della sicurezza dei cittadini. Ma per farlo servono istituzioni forti con competenze, poteri e risorse che attualmente mancano all’UE: il suo bilancio è appena lo 0,9% del PIL e sulle politiche migratorie e sul welfare le competenze restano essenzialmente nazionali. È questa divisione europea che rende possibile l’avanzata nazionalista negli Stati che non hanno un sistema di welfare così sviluppato ed un’efficace politica dell’accoglienza. Ma i nazionalisti non sono affatto inarrestabili. Per arginarli servono vere soluzioni europee. Alcune saranno proposte da Juncker nel Discorso sullo stato dell’Unione, ma bisognerà superare le resistenze dei governi nazionali, sempre pronti a usare l’UE come capro espiatorio, ma anche a negarle i poteri e le risorse indispensabile per affrontare e risolvere i problemi e le sfide che i cittadini considerano prioritari.

Le prossime elezioni europee saranno decisive al riguardo. A patto che mentre Bannon e Salvini lavorano a creare un fronte unico sovranista, ci sia anche una forte coalizione europeista in grado di esprimere un proprio candidato alla Presidenza della Commissione. Le liste transnazionali non sono passate per l’opposizione soprattutto dei popolari. Serve un fronte europeista, a partire da Socialisti, liberali e Verdi, includendo En March e Macron che chieda un mandato forte per riformare l’Unione in senso federale. Per avere risorse proprie e un bilancio adeguato per garantire gli investimenti necessari al rilancio dell’economia e dell’occupazione, alla transizione ecologica, allo sviluppo e alla stabilizzazione dell’area di vicinato e quindi al controllo dei flussi migratori. È questo il modo per contrastare il riemergere del nazionalismo.

@RobertoCastaldi

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