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La grande posta in gioco europea delle elezioni italiane

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Chi non ha nulla da perdere tende a dire la verità. Il leader di Casa Pound è stato chiaro: loro sono pronti a sostenere un governo Salvini con Bagnai ministro dell’economia, perché porterebbe l’Italia fuori dall’Unione Europea e dall’Euro. D’altronde, la linea della Lega e di Fratelli d’Italia sul punto è chiara: sono contro la moneta unica e l’Europa. Forza Italia si richiama al popolarismo europeo, ma non disdegna all’occasione di parlare di doppia moneta o simili assurde fantasie – come se la crisi greca non fosse mai accaduta e non abbia mostrato che certe pseudo-soluzioni sono come bugie con le gambe corte.

Il M5S non è da meno. Ha una posizione diversa per ogni giorno della settimana sul tema europeo. Cerca ormai di rassicurare elettori e mercati, ma intanto propone di inserire nei Trattati europei una procedura per l’uscita dall’Euro, perché quella rimane la sua linea e la sua prospettiva. Il che mostra che è consapevole che attualmente non si può uscire dall’Euro ma solo dall’Unione Europea in quanto tale. La complessità dell’uscita è palese alla luce dei negoziati della Brexit. Come ha notato un acuto osservatore, mischiare le uova per fare un omelette è facile, ma ridividerle poi è quasi impossibile. Abbiamo passato gli ultimi 68 anni a integrarci, arrivando ad avere circa il 70% di legislazione comune, un mercato e una moneta unici. Provare a uscire da questa interdipendenza ha costi enormi e nessun reale vantaggio, specialmente nel quadro di un contesto globale caratterizzato da problemi e minacce crescenti e in cui contano solo i Paesi di dimensioni continentali, come USA, Cina, Russia, India.

Da questo punto di vista molti hanno proposto una similitudine tra le elezioni del 2018 a quelle del 1948 che definivano la collocazione internazionale dell’Italia. Ciò è rafforzato dalle posizioni filo-russe espresse da varie forze politiche di centro-destra e dal M5S o dal portare i Paesi europei in cui sono in corso tendenze autoritarie e illiberali, come l’Ungheria, come esempio e modello da seguire.

A ciò si aggiunge il fatto che si sta aprendo il cantiere di riforma dell’UE sulla base delle proposte della Commissione Juncker e di Macron. Si sta avviando il negoziato sul completamento dell’unione economico-monetaria, ovvero sulla riforma dell’eurozona, sul bilancio UE 2020-2027 e sulle sue priorità tra cui spiccano difesa, sicurezza e migranti, alla luce dell’offerta di Macron di condividere la sovranità su economica, difesa e migranti. Il tutto in un contesto in cui l’opzione delle due velocità viene presa seriamente in conto.

Ecco perché il Movimento Federalista Europeo, fondato da Altiero Spinelli nel 1943, ha organizzato in tante città incontri con i candidati e ha proposto ai candidati dei vari partiti l’impegno “Per un’Europa federale: le responsabilità dell’Italia” cui hanno aderito candidati di molti partiti. E altri analoghi appelli di personalità della cultura si sono diffusi e hanno avuto risonanza. Tutto ciò testimonia di una diffusa consapevolezza della posta in gioco, ma anche del fatto che anche in partiti con posizioni ambigue permane un dibattito e vi sono alcune personalità non disponibili a una deriva nazionalista.

D’altronde, tutte le ultime elezioni nei diversi Paesi europei si sono giocate anche sullo scontro tra europeismo e nazionalismo. Anche in Italia la scelta è chiara. Vogliamo rimanere nel quadro europeo e atlantico, contribuire nel gruppo di testa alla riforma dell’Unione e dell’Eurozona, o vogliamo stare alla periferia dell’Europa o addirittura uscire dall’UE e dall’Euro? In fondo è questa la scelta più importante che ci troviamo di fronte.

Ecco perché gli occhi di tutta Europa sono puntati su di noi. Nessuno è disponibile a condividere la sovranità con Di Maio o Salvini. E tutti attendono di capire se la riforma dell'UE andrà fatta con l'Italia e senza di essa. Quando nel 1994 vinse Berlusconi che aveva per la prima volta sdoganato gli ex-missini di Fini, dopo poche settimane uscì la proposta tedesca di fare la moneta unica con un nucleo duro senza l'Italia. Se il 4 marzo vinceranno le forze nazionaliste, decise a non procedere nell'integrazione europea, l'ipotesi di un'avanguardia senza l'Italia potrebbe nuovamente farsi strada, lasciandoci da soli con i nostri problemi: che si tratti di investimenti, migranti e sicurezza.

@RobertoCastaldi

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