La recente polemica tra Berlusconi e Prodi sull’Euro mostra che in Italia manca una memoria condivisa e una comprensione adeguata di alcuni dei passaggi storici più importanti della nostra storia recente, rispetto ai quali continuano a imperversare nel dibattito affermazioni prive di senso.

La prima riguarda il mito che il problema dell'adesione italiana all'Euro‎ sia stata una inadeguata negoziazione del tasso di cambio tra la lira e l'euro alla sua nascita il 1 gennaio del 1999. In realtà per tutte le monete fu utilizzato lo stesso criterio: la media del cambio dei 3 anni precedenti. Qualunque fosse il governo italiano in carica il cambio non avrebbe potuto essere diverso. Ogni polemica su questo è pretestuosa.

La seconda riguarda l'idea che l'aumento dei prezzi seguito all'avvio della circolazione fisica dell'euro, il 1 gennaio del 2002, sia dovuto al cambio. Il problema fu che il cambio non venne osservato. Questo fu dovuto ad una scelta politica ben precisa del centro-destra, che avendo vinto le elezioni del 2001 tra i suoi primi atti al governo abolì l'obbligo del doppio prezzo per sei mesi e gli osservatori sul change over (il passaggio della circolazione fisica dalla Lira all’Euro) che erano già stati creati presso tutte le province. Il centro-destra smantellò deliberatamente gli strumenti di controllo già predisposti dal governo precedente, ovvero da Ciampi e Letta, scegliendo di non applicare le indicazioni dell'Unione Europea rispetto alla gestione del change over. In pratica Forza Italia, Lega e Alleanza Nazionale decisero di usare il change over per realizzare una massiccia redistribuzione del reddito nazionale dai percettori di redditi fissi (lavoratori dipendenti e pensionati) a favore di commercianti‎, categorie produttive, partite iva, che consideravano la loro base elettorale. Che proprio il centro-destra ora attacchi l'euro e gli attribuisca l'aumento dei prezzi è davvero paradossale. È bene che gli italiani sappiano chi devono ringraziare per l'erosione del loro potere d'acquisto.

Ciò di cui non si parla mai sono invece i benefici dell'euro, il che permette di discutere di un'eventuale uscita senza comprenderne bene le conseguenze, nonostante le immagini dei pensionati greci in lacrime impossibilitati a ritirare i propri soldi dalle banche quando c’è stato il rischio di un’uscita della Grecia, dovrebbero essere ancora fresche nella mente di tutti. Merita menzionare almeno tre grandi benefici, che aiutano a inquadrare la situazione attuale e le prospettive future.

Quando nel dicembre del 1997 furono decisi‎ i Paesi ammessi alla terza fase dell'Unione Economia e Monetaria, tra cui l'Italia, i tassi di interesse sui debiti pubblici iniziarono a convergere rapidamente. In pochi mesi il famigerato spread scese di circa 400 punti. In pratica da quel momento abbiamo risparmiato 4 punti percentuali di interessi l’anno sul debito pubblico. Allora il nostro debito era circa il 120% del PIL, quindi il risparmio era di circa il 4,8% del PIL all'anno. Bastava mantenere le tasse e le spese com'erano, senza fare nulla, senza rigore o austerity, e il debito sarebbe sceso di circa 5 punti percentuali l'anno. E' ciò che ha fatto il Belgio: entrato nell'euro con un debito del 120% del PIL nel 1997, allo vigilia della crisi nel 2007 l'aveva ridotto all'87%.

Purtroppo per l'Italia la manna dei tassi bassi fu usata dal centro-destra per aumentare la spesa corrente azzerando l'avanzo primario. Questa prassi si è manifestata costantemente durante tutti i governi Berlusconi dal 1994 al 2011. Così è toccato sempre al centro-sinistra nei brevi periodi al governo di dover risanare i bilanci pubblici per evitare contraccolpi sui mercati. Straordinari al ‎riguardo i disastri provocati dall'ultimo governo di centro-destra durante la crisi. Con il secondo governo Prodi il debito era sceso al 100% e lo spread a 18 punti! In pratica l'Italia pagava di interessi sul debito solo lo 0,18% in più della Germania, che aveva un debito molto più basso. In tre anni di centro-destra al governo, con la maggioranza più ampia della storia della Repubblica e in grado di legiferare come voleva, il debito è risalito al 116% e lo spread a 565, cioè pagavamo 5,65% più della Germania di interessi sul debito, con un costo aggiuntivo rispetto allo spread a 18 di circa il 6% di PIL all'anno: un’enormità. Che ci ha portato a rischio default. Il centro-destra non ha voluto prendersi la responsabilità delle misure di risanamento necessarie e Berlusconi preferì dimettersi lasciando l'ingrato compito al Governo Monti. Monti non solo dovette approvare di corsa una serie di misure lacrime e sangue, per sistemare i conti, ma fu anche costretto a cambiarle in corso d'opera a danno dei ceti popolari, per poter avere il voto in Parlamento del Popolo delle Libertà, il gruppo più numeroso a sostegno del suo governo. Anche se oggi alcuni nel centro-destra fingono di esser stati all’opposizione invece che al governo nella legislatura 2008-2013.

I tassi bassi favorirono un boom degli investimenti intra-europei e portarono crescita e occupazione. Per la prima volta dopo 30 anni nei primi 10 anni dell'Euro il mercato europeo ha prodotto più posti di lavoro di quello americano. Inoltre i tassi bassi e la moneta stabile hanno permesso a moltissimi italiani - in precedenza abituati a tassi di interesse molto più elevati - di acquistare casa‎.

Inoltre, la percezione sociale dell'euro fu vittima di una sfortunata concomitanza. L'avvio della circolazione fisica dell'euro il 1 gennaio 2002 è infatti avvenuta nel pieno dell'impennata del prezzo del petrolio dopo l'attacco alle Torri gemelle dell'11 settembre 2001. In un anno e mezzo il greggio aumentò progressivamente da 18 a 144 dollari al barile. Ovviamente ciò ha comportato un aumento dei costi di produzione e trasporto e quindi dei prezzi di tutti i beni. Eppure non abbiamo l'espressione "shock petrolifero" per indicare questo periodo. Perché il petrolio si paga in dollari e l'euro ha raddoppiato il suo valore sul dollaro (da 0,70 a 1,45 dollari) assorbendo buona parte dello shock petrolifero. In sostanza l'euro ci ha salvato dallo shock petrolifero, ma ne è rimasto vittima nella percezione sociale.

Il fatto che manchi una consapevolezza diffusa di tutto ciò è drammatico. Ed è parte della mancata comprensione del significato storico dell'euro dal punto di vista politico ed economico.

Politicamente l'euro fu la cessione del marco all'Europa da parte della Germania al fine di garantire se stessa e gli altri che la Germania riunificata ‎non avrebbe comportato un'Europa tedesca ma una Germania europea. I benefici di una moneta stabile, bassa inflazione e bassi tassi venivano condivisi con gli altri europei. E infatti inizialmente con l'euro la Germania divenne "il grande malato" d'Europa.

Dal punto di vista‎ economico un mercato unico e una moneta unica obbligavano a competere attraverso l'efficienza dei sistemi-Paesi e l'innovazione di prodotto e di processo. Obbligava alla competizione verso l'alto, invece che verso il basso sul costo del lavoro. Perché veniva meno la scorciatoia della svalutazione, che avvantaggia pochi esportatori e impoverisce tutti i cittadini e i risparmiatori. Ecco perché l'attenzione e il dibattito si sono spostati‎ sulle riforme strutturali. L'adesione all'euro permetteva all'Italia - e agli altri Paesi - di competere su un piano di parità. Era l'iscrizione alla gara e ora bisognava iniziare a correre, come inutilmente predicò Ciampi dal Quirinale. Ma nel centro-destra e in gran parte del Paese fu percepita come l'aver vinto la gara. E ci sedemmo, stanchi e soddisfatti, cogliendo i primi frutti dell'euro: i vantaggi dei tassi bassi di cui ho detto prima. Oggi paghiamo i costi della miopia della classe dirigente italiana di‎ allora.

Tutto questo però riguarda le responsabilità e gli errori del passato. Il presente è frutto della terribile crisi iniziata nel 2008, cui l'Europa non è riuscita a rispondere perché non ha affiancato alla moneta unica e alla Banca Centrale Europea, un governo federale dell'economia con un bilancio e un Tesoro europeo adeguati. Certo le idee del centro-destra del 2008 - i ristoranti sono pieni, il sistema bancario italiano è più solido di quelli degli altri Paesi, l'Italia sta affrontando meglio la crisi e ne uscirà rafforzata rispetto agli altri - si sono rivelate per quello che erano, e ogni commento al riguardo risulterebbe superfluo. E non può stupire dunque che oggi quelle stesse forze politiche - oltre che i grillini - propongano l'uscita dall'Euro, e il conseguente default, di cui però non parlano, che significherebbe per gli italiani la perdita di gran parte dei propri risparmi.

Ma aldilà delle responsabilità della classe dirigente italiana, il nodo vero da cui dipende una ripresa stabile e duratura degli investimenti e dell'occupazione è la riforma dell'eurozona con un vero bilancio in grado di promuovere investimenti, politiche di stabilizzazione macro-economica e solidarietà. Queste sono le questioni su cui dovrebbe vertere il dibattito in vista delle elezioni. Invece stiamo a parlare del passato o di proposte assurde e masochiste come l'uscita dall'Euro.

@RobertoCastaldi