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La sfida europeista di Macron e la posta in gioco alle elezioni europee

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Il Presidente francese Macron ha scritto una Lettera ai cittadini europei, in tutte le lingue dell’Unione, in vista delle elezioni europee. Si tratta di un’iniziativa senza precedenti e di grande rilievo, in cui Macron auspica un nuovo Rinascimento europeo.

Macron in sostanza aiuta a mettere a fuoco la posta in gioco alle prossime elezioni europee: vogliamo affrontare le sfide globali creando una vera sovranità europea o tornando alle vecchie sovranità nazionali ottocentesche? Nel primo caso bisogna sostenere le forze che vogliono far avanzare il processo di integrazione. Nel secondo quelle che vogliono distruggerlo. Ma sapendo che le loro promesse sono false, come ha dimostrato nel modo più chiaro la Brexit. Tutte le bugie su cui si è fondata la campagna per l’uscita dall’Unione si sono rivelate per quello che erano. E i nazionalisti britannici hanno mostrato che non avevano alcuna idea, alcun progetto, alcun piano per il futuro. È ciò che gli accomuna a tutti gli altri nazionalisti!

In un certo senso Macron ci ricorda che i veri sovranisti sono gli europeisti, che vogliono costruire una sovranità europea effettiva, in grado di contare nel mondo. I nazionalisti che vogliono tornare alle sovranità nazionali ottocentesche sono in realtà reazionari che mirano a mettersi sotto l’ala protettrice di una o dell’altra delle grandi potenze mondiali – e i sostegni russi a Le Pen e Salvini messi in evidenza negli anni dalle inchieste de L’Espresso ce lo dimostrano.

Quella di Macron è dunque un’iniziativa che va accolta positivamente e sostenuta, come fanno infatti le organizzazioni federaliste europee. Ma va anche dibattuta e approfondita, perché può e deve essere migliorata. Macron propone nuove istituzioni intergovernative, mentre tutta la storia dell’UE ci mostra che sono quelle che provocano la paralisi e la debolezza dell’UE, e che favoriscono l’emergere di direttori che sfruttano i rapporti di forza tra gli Stati. Bisogna piuttosto rafforzare le istituzioni sovranazionali, il Parlamento e la Commissione, che perseguono l’interesse generale dell’Unione, che si sono mostrate molto più lungimiranti su tutti i fronti: sull’economia, portando al superamento dell’austerity attraverso la flessibilità e il Piano Juncker di investimenti e spingendo per un’Europa sociale; sui migranti, votando la riforma di Dublino, per avere più solidarietà e quote di ripartizione dei rifugiati, bloccata però dal Consiglio, cioè dall’istituzione inter-governativa; sulla difesa, portando alla creazione del Fondo Europeo per la Difesa e favorendo l’emergere della Cooperazione Strutturata Permanente sulla Difesa; sul clima, dove la Commissione ha un ruolo centrale; nel contrasto all’evasione e all’elusione fiscale con la Commissione che ha comminato sanzioni enormi ai colossi di internet, obbligandoli a pagare le tasse, o aggiornando la lista dei Paesi che violano le norme internazionali e favoriscono elusione e riciclaggio, includendo l’Arabia Saudita, mentre gli Stati membri vi si oppongono. Le istituzioni sovranazionali hanno mostrato di essere le vere paladine dei diritti dei cittadini europei, anche contro i loro stessi Stati, come nei confronti di Ungheria e Polonia, che stanno smantellando lo stato di diritto e violando i diritti fondamentali dei propri cittadini.

La proposta di una Conferenza per rilanciare il processo di integrazione europea può essere utile. Purché non si trasformi in una Conferenza intergovernativa. Abbiamo bisogno che siano i partiti europei a presentare nella campagna elettorale le loro proposte di riforma dell’Unione, e che sia poi il Parlamento Europeo a predisporre una proposta organica di riforma dei Trattati su cui avviare una Convenzione, che prevede la partecipazione delle istituzioni europee e nazionali, inclusi i Parlamenti oltre ai governi.

Che un Capo di Stato e di governo abbia una sorta di riflesso intergovernativo è normale, perché implica che continuerà ad avere un ruolo centrale nel gestire i nuovi poteri da assegnare all’Unione. Ma non è una scelta efficiente, né democratica. L’Unione è un sistema di governo multi-livello, e le competenze e i poteri europei devono essere gestiti dalle istituzioni europee, tra cui anche il Consiglio – che riunisce i governi nazionali – purché deliberi a maggioranza qualificata, senza anti-democratici poteri di veto.

Macron poi non dice nulla su alcune proposte di riforma messe sul campo dalla Commissione, come il passaggio al voto a maggioranza in materia fiscale, che è cruciale per il futuro dell’economia europea. La realtà è che chi ha a cuore il rilancio dell’Unione e vuole renderla sovrana, democratica e in grado di agire deve porsi come primo obiettivo istituzionale l’abolizione generalizzata dei veti nazionali. L’Unione è sovrana dove gli Stati decidono a maggioranza qualificata, con una piena co-decisione del Parlamento Europeo e la Commissione che agisce come un esecutivo europeo. Quella è la base del modello federale europeo. Se l’Europa è sovrana, potente e rispettata nel mondo in materia di commercio e moneta è perché su questi temi è rappresentata dalla Commissione e dalla Banca Centrale Europea, due istituzioni sovranazionali, di natura sostanzialmente federale. Non abbiamo bisogno di nuove istituzioni intergovernative, ma di rafforzare le istituzioni federali europee.

Su questo terreno Zingaretti si giocherà molto alle prossime elezioni europee. L’Eurobarometro mostra che in Italia la maggioranza dei cittadini continua ad essere europeista, mentre le forze governative sono sempre più chiaramente schierate sul fronte nazionalista. La capacità del PD di formulare una proposta europeista organica, coerente e coraggiosa e di impostare la campagna per le elezioni europee in termini europei e non nazionali potrebbe essere la scelta decisiva per recuperare consensi e rilanciare l’opzione europea in Italia.

@RobertoCastaldi

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